| La strada - Cormac McCarthy |
«Ce la caveremo, vero, papà?
Si. Ce la caveremo.
E non succederà niente di male.
Esatto.
Perché noi portiamo il fuoco.
Si. Perché noi portiamo il fuoco».
La strada, romanzo dello scrittore statunitense Cormac McCarthy, narra il viaggio di un uomo e suo figlio attraverso un territorio devastato da una catastrofe nucleare. Il loro obbiettivo è di dirigersi verso Sud, nella speranza di trovare cibo e un clima più ospitale. Dopo l'apocalisse, infatti, le risorse hanno iniziato a scarseggiare e gli uomini, per sopravvivere, hanno iniziato a mangiarsi l'un l’altro, vivendo in uno stadio Hobbesiano di Bellum omnium contra omnes, ovvero una guerra di tutti contro tutti.
Più volte nel romanzo il bambino chiama lui e suo padre “i buoni”, definendo “i cattivi” tutti coloro che praticano il cannibalismo.
Mi voglio soffermare su questa distinzione: chi può essere definito buono e chi cattivo. A mio avviso il romanzo mette in luce la complessità dietro questa definizione. Per il bambino i cattivi sono tutti coloro che divorano gli altri uomini (una definizione che penso tutti appoggerebbero), ma allo stesso tempo, leggendo il romanzo, ci si accorge di come, alcuni atteggiamenti del padre, siano lontani da ciò che definiremmo buono. Eppure sono atteggiamenti che, data la situazione, non risultano così inaspettati.
Cos’è quindi l’uomo, buono o cattivo? Per me nessuno dei due. Per quanto si possano definire certi atteggiamenti che spingono in una o nell’altra direzione, senza un contesto che inquadri la situazione, rimangono degli atteggiamenti sia potenzialmente “cattivi”, che potenzialmente “buoni”. Inoltre, definire la natura di tutti gli uomini, partendo dall’osservazione del comportamento dei singoli, non porterà ad altro che errori. Come mostra Bertrand Russell, riprendendo le tesi di Carl Popper, il metodo induttivo non è affidabile e porta ad errori di valutazione.
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