| Il fu Mattia Pascal - Luigi Pirandello | |
«Una delle poche cose, anzi forse la sola ch’io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal»
Inizia così Il fu Mattia Pascal, romanzo del celebre drammaturgo e scrittore, Luigi Pirandello:
Ci troviamo a Miragno, un paesino situato in Liguria, dove Mattia Pascal, protagonista del romanzo, ha vissuto tutta la sua vita. Dopo essersi assentato per un paio di settimane da casa, nel tragitto di ritorno, si scopre morto per annegamento. Da questo momento in poi, Mattia, lascerà la sua vecchia identità, diventando, Adriano Meis. Si renderà presto conto, però, che gli è impossibile vivere nella libertà più assoluta, staccato da tutti i legami che la vita gli imponeva. In questa totale illusione di libertà, si scoprirà profondamente legato alla vita e ai suoi dettami. Inscenerà, dunque, un secondo suicidio per tornare ad essere Mattia Pascal e riconquistare la vita che tanto brama e che, come Adriano Meis, non poteva vivere. Scoprendo che, quella vita tanto desiderata, non poteva più essere sua.
Tutti abbiamo, o abbiamo avuto, un Mattia Pascal e un Adriano Meis dentro di noi. Una parte, Mattia, di cui ci vogliamo dimenticare e lasciare alle spalle, e un’altra, Adriano, in cui inseriamo tutte le speranze, vedendo in essa una rivincita sul fallimento passato. Utilizziamo questo pretesto per vivere il presente, rinnegando quel passato di cui ci vogliamo disfare. Partiamo a costruirci una nuova vita cambiando ciò che siamo, per esempio dandoci un nuovo volto o scegliendoci un nuovo nome. Quello che facciamo è crearci degli artifici, illudendo noi stessi, in fondo, di poter rivestire una pelle non nostra; di essere in grado, indossando una maschera, di mettere in scena una commedia e poter vivere tranquillamente, come se il presente fosse staccato dal passato.
Ci troviamo a Miragno, un paesino situato in Liguria, dove Mattia Pascal, protagonista del romanzo, ha vissuto tutta la sua vita. Dopo essersi assentato per un paio di settimane da casa, nel tragitto di ritorno, si scopre morto per annegamento. Da questo momento in poi, Mattia, lascerà la sua vecchia identità, diventando, Adriano Meis. Si renderà presto conto, però, che gli è impossibile vivere nella libertà più assoluta, staccato da tutti i legami che la vita gli imponeva. In questa totale illusione di libertà, si scoprirà profondamente legato alla vita e ai suoi dettami. Inscenerà, dunque, un secondo suicidio per tornare ad essere Mattia Pascal e riconquistare la vita che tanto brama e che, come Adriano Meis, non poteva vivere. Scoprendo che, quella vita tanto desiderata, non poteva più essere sua.
Tutti abbiamo, o abbiamo avuto, un Mattia Pascal e un Adriano Meis dentro di noi. Una parte, Mattia, di cui ci vogliamo dimenticare e lasciare alle spalle, e un’altra, Adriano, in cui inseriamo tutte le speranze, vedendo in essa una rivincita sul fallimento passato. Utilizziamo questo pretesto per vivere il presente, rinnegando quel passato di cui ci vogliamo disfare. Partiamo a costruirci una nuova vita cambiando ciò che siamo, per esempio dandoci un nuovo volto o scegliendoci un nuovo nome. Quello che facciamo è crearci degli artifici, illudendo noi stessi, in fondo, di poter rivestire una pelle non nostra; di essere in grado, indossando una maschera, di mettere in scena una commedia e poter vivere tranquillamente, come se il presente fosse staccato dal passato.
Però ci accorgiamo che per quanto lo desiderassimo, noi non siamo Adriano. Rispolveriamo allora Mattia, ma, anche quest’ultimo, ci risulta ormai distante da quello che siamo.
Cosa siamo, dunque? Non possiamo essere Adriano, perché non è altro che un’illusione che ci dava la parvenza di vivere; ma ormai anche Mattia ci è estraneo, siccome fa parte del nostro passato e come tale, non può tornare. La risposta, o meglio una delle possibili interpretazioni, è che siamo entrambi. Mattia è il nostro passato più remoto. Adriano, per quanto fosse un’illusione, fa parte del passato appena trascorso. Entrambi, dunque, influenzano e plasmano quello che viviamo come presente. Cercare di cancellare il passato ci porta a non essere nessuno. Esso, infatti, determina chi siamo, come ci comportiamo e quali siano i nostri limiti.
La nostra storia è l’unica cosa di cui possiamo avere coscienza. Il futuro, infatti, è inafferrabile e impensabile. Possiamo pianificarlo, ma non riusciremmo mai a prevederlo con precisione. Il presente non è comprensibile, e per quanto ci proviamo, non potremmo mai avere un quadro completo di ciò che stiamo vivendo.
Dunque la sola cosa di cui abbiamo coscienza è il nostro passato, il quale, venendo raccontato, ci fornisce un quadro generale per conoscere noi stessi.
Come direbbe Oscar Wilde:
Cosa siamo, dunque? Non possiamo essere Adriano, perché non è altro che un’illusione che ci dava la parvenza di vivere; ma ormai anche Mattia ci è estraneo, siccome fa parte del nostro passato e come tale, non può tornare. La risposta, o meglio una delle possibili interpretazioni, è che siamo entrambi. Mattia è il nostro passato più remoto. Adriano, per quanto fosse un’illusione, fa parte del passato appena trascorso. Entrambi, dunque, influenzano e plasmano quello che viviamo come presente. Cercare di cancellare il passato ci porta a non essere nessuno. Esso, infatti, determina chi siamo, come ci comportiamo e quali siano i nostri limiti.
La nostra storia è l’unica cosa di cui possiamo avere coscienza. Il futuro, infatti, è inafferrabile e impensabile. Possiamo pianificarlo, ma non riusciremmo mai a prevederlo con precisione. Il presente non è comprensibile, e per quanto ci proviamo, non potremmo mai avere un quadro completo di ciò che stiamo vivendo.
Dunque la sola cosa di cui abbiamo coscienza è il nostro passato, il quale, venendo raccontato, ci fornisce un quadro generale per conoscere noi stessi.
Come direbbe Oscar Wilde:
«Io non voglio cancellare il mio passato, perché nel bene o nel male mi ha reso quello che sono oggi. Anzi ringrazio chi mi ha fatto scoprire l'amore e il dolore, chi mi ha amato e usato, chi mi ha detto ti voglio bene credendoci e chi invece l'ha fatto solo per i suoi sporchi comodi. Io ringrazio me stesso per aver trovato sempre la forza di rialzarmi e andare avanti, sempre».
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